La prova dei costi di gestione disinnesca il redditometro

Il maggior reddito accertato con il redditometro deve essere tarato di volta in volta sulla base delle giustificazioni addotte dal contribuente in sede di risposta al questionario o in sede di adesione. Pertanto, se il diretto interessato dimostra che i costi effettivamente sostenuti per il mantenimento di un bene indicatore di capacità contributiva, come l’automobile, sono complessivamente inferiori alle risultanze redditometriche, il giudice tributario deve disapplicare lo strumento presuntivo e utilizzare la spesa effettiva ricostruita dal contribuente. Inoltre il vecchio accertamento redditometrico rappresenta un abuso del diritto poiché impone l’applicazione astratta di indici e coefficienti che determinano un valore presunto di reddito non supportato da ragionevolezza e duttilità. A queste conclusioni è giunta la sentenza 39/04/2013 della Ctp Torino.

In questo modo il collegio si allinea al recente orientamento della Corte Suprema che ha equiparato il vecchio redditometro agli studi di settore (Cassazione, sentenza n. 23554/2012), ritenendo anche il primo uno strumento di accertamento standardizzato alla stregua dei secondi. Pertanto – osservano i giudici torinesi – l’accertamento redditometrico non può basarsi esclusivamente sull’operatività dei coefficienti e moltiplicatori ministeriali. Acquisisce, infatti, rilevanza soltanto in esito al contraddittorio obbligatorio, mediante il quale si realizza quel processo di adattamento degli standard alla situazione concreta del contribuente, così da integrare i requisiti di gravità, precisione e concordanza del meccanismo presuntivo adottato, e in assenza dei quali risulterebbe inutilizzabile ai fini accertativi.

Studi di settore, la crisi fa scattare i correttivi

È arrivato dalla Commissione degli esperti il parere favorevole ai correttivi anticrisi per gli studi di settore applicabili al periodo d’imposta 2012. Il decreto ministeriale che recepirà le rettifiche congiunturali dovrà essere pubblicato ora in «Gazzetta Ufficiale». Le associazioni di categoria hanno chiesto di accelerare il più possibile i prossimi passaggi, in modo da avere una versione di Gerico 2013 definitiva per il 20 maggio.

 

I correttivi anticrisi per il 2012 ricalcano quelli degli anni scorsi dal punto di vista dell’impianto complessivo, ma saranno naturalmente calibrati per tener conto di una contrazione generalizzata dei fatturati che si è fatta sentire in quasi tutti i comparti, erodendo il mini-recupero che si era avuto tra il 2010 e il 2011. La commissione degli esperti ha potuto contare su un monitoraggio accurato dell’impatto della crisi effettuato a livello nazionale che ha preso in considerazione non solo le informazioni fornite dalle associazioni di categoria, dalla Banca d’Italia e dall’Istat, ma anche i dati relativi alle comunicazioni annuali Iva dell’anno d’imposta 2012.

 

Nel dettaglio, dall’analisi del panel di circa 2,1 milioni di contribuenti che hanno applicato gli studi di settore nel quadriennio 2009-2012, è emerso come lo scorso anno in oltre 2/3 delle aree produttive si sia registrato un abbattimento del giro d’affari e anche dove si è avuta rispetto agli anni precedenti una sostanziale stabilità, tra il 40 e il 60% dei soggetti hanno denunciato comunque minori ricavi. Nel settore manifatturiero, per esempio, la diminuzione è stata pari a circa il 6%, in quello tessile all’8%, in quello delle costruzioni al 13%, mentre nell’ambito dei servizi il segno meno ha sfiorato il 4% e in quello delle attività professionali il rosso è stato intorno al 3 per cento. Tra i settori merceologici che hanno tenuto (+0,3%) c’è invece l’alimentare.

 

Lo scorso anno hanno fatto ricorso ai correttivi anticrisi circa 2,9 milioni di contribuenti su una platea di 3,7 milioni e solo il 16,8% sono risultati incongrui. «Segno che i correttivi hanno colto nel segno – sottolinea Giampietro Brunello, presidente della Commissione degli esperti – e soprattutto che, dopo il primo anno di applicazione d’urgenza, nel 2009, gli studi di settore hanno acquisito quel giusto grado flessibilità per assorbire gli effetti della recessione. Le critiche rivolte in passato a questo strumento mi sembrano perciò superate e anzi oggi gli studi sono una fonte di certificazione dello stato di crisi a tutela dei contribuenti».

 

Sulla scia di quelli dello scorso anno, dunque, i correttivi 2012 sono suddivisi in quattro categorie: interventi relativi all’analisi di normalità economica, correttivi specifici per la crisi, correttivi congiunturali di settore e correttivi individuali.
La prima categoria, relativa all’analisi di normalità economica dell’indicatore della “durata delle scorte”, interessa i soggetti che presentano una contrazione dei ricavi nel periodo d’imposta 2012 rispetto al 2011 e sono coerenti rispetto alla gestione delle esistenze iniziali. In questo caso si provvederà a una rimodulazione del valore soglia di normalità economica per tener conto di merci e prodotti invenduti.

La seconda categoria di correttivi riguarda alcuni settori interessati dall’incremento dei prezzi del carburante (trasporto merci su strada, traslochi, taxi e noleggi con conducente e altri trasporti terresti di passeggeri).

 

I correttivi congiunturali di settore sono finalizzati a soppesare le riduzioni delle tariffe (in particolare per i professionisti), la contrazione dei margini e il minor utilizzo degli impianti per i soggetti non congrui attraverso l’introduzione di un fattore di correzione applicato al ricavo teorico previsto per ciascun modello organizzativo. L’ultima tipologia di correttivi, quelli congiunturali individuali, ha l’obiettivo di cogliere il ritardato pagamento dei compensi a fronte delle prestazioni rese e la contrazione dei costi variabili.

Sconto del 50% a chi installa pannelli fotovoltaici per uso domestico

L’Agenzia delle Entrate riconosce lo sconto ai proprietari di case che installano pannelli solari destinati a produrre energia elettrica per la casa. Con la risoluzione 22, diffusa oggi, le Entrate confermano la possibilità di accedere alla detrazione del 36% (attualmente 50%) «per l’acquisto e la realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica sono detraibili se l’apparecchiatura è al servizio dell’immobile residenziale».

Per ottenere la detrazione, il contribuente deve conservare la documentazione che attesta l’acquisto e l’installazione dell’impianto fotovoltaico. Non è invece necessario documentare l’entità del risparmio energetico relativo. I contribuenti che intendono avvalersi della detrazione di imposta devono comunque conservare le abilitazioni amministrative richieste dalla legislazione edilizia. Nel caso in cui la normativa non preveda alcuna abilitazione amministrativa, il contribuente deve in ogni
caso conservare un’apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (Dpr n. 445/2000, la cosiddetta Legge Bassanini quater).
Per le spese di acquisto e di realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica sostenute dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013 (Dl 83/2012), la detrazione d’imposta del 36% è elevata al 50%. Anche il limite massimo di spesa sul quale calcolare la detrazione sale da 48mila euro a un massimo di 96mila
euro per unità immobiliare.

L’Agenzia precisa però che «l’installazione di un impianto fotovoltaico diretto alla produzione di energia elettrica, per poter beneficiare della detrazione in esame – volta a favorire il recupero del patrimonio edilizio abitativo in relazione a unità immobiliari residenziali – deve avvenire essenzialmente per far fronte ai bisogni energetici dell’abitazione (cioè per usi domestici, di illuminazione, alimentazione di apparecchi elettrici ecc.) e quindi l’impianto deve essere posto direttamente al servizio dell’abitazione dell’utente». In caso di utilizzi commerciali, la detrazione è esclusa («quando la cessione dell’energia prodotta in eccesso configuri esercizio di attività commerciale»).

Lavoro – Via libera all’imposta del 10% sulle retribuzioni di produttività

Via libera agli sgravi sulle retribuzioni di produttività per il 2013. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 29 marzo, del decreto della Presidenza del consiglio dei ministri, l’agevolazione è entrata nella fase operativa. I lavoratori del settore privato, che nel 2012 hanno conseguito una retribuzione da lavoro dipendente non superiore a 40mila euro, potranno beneficiare di una tassazione al 10% al posto dell’Irpef sugli importi di massimo 2.500 euro erogati per incrementare la produttività.

L’agevolazione non è una novità assoluta, essendo stata introdotta, in forma sperimentale nel 2008 e successivamente sempre rinnovata anche su richiesta di aziende e sindacati. Tuttavia ancora oggi viene definita misura sperimentale, nonostante le parti sociali lo scorso novembre abbiano chiesto di renderla stabile e chiara. Un appello a cui il Governo ha risposto rinnovando lo sgravio per l’anno in corso e il prossimo a fronte di una copertura finanziaria pari rispettivamente a 950 e 400 milioni di euro.

La versione attuale contiene alcune novità rispetto all’anno scorso e degli aspetti applicativi che risultano non del tutto chiari, tanto che, dopo la pubblicazione del Dpcm si attende una circolare esplicativa che risolva i dubbi. Il punto centrale per accedere agli sgravi è costituito da contratti collettivi di lavoro che devono essere sottoscritti a livello aziendale o territoriale in cui devono essere indicati i parametri a cui sono collegate le retribuzioni di produttività. Tali contratti devono poi essere depositati, entro 30 giorni dalla firma, alle direzioni territoriali del Lavoro.

I parametri individuati negli accordi, sulla base del Dpcm, possono essere sostanzialmente di due tipi. Il primo, a cui agganciare le retribuzioni di produttività, è costituito da indicatori quantitativi relativi a produttività, redditività, qualità, efficienza, innovazione. Il secondo, più complesso, richiede l’attivazione di una misura in almeno tre delle seguenti aree di intervento:

– ridefinizione dei sistemi di orari e della loro distribuzione con modelli flessibili

– distribuzione flessibile delle ferie

– adozione di misure volte a rendere compatibile l’impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori

– attivazione di interventi in materia di fungibilità delle mansioni e di integrazione delle competenze (ossia interscambiabilità delle funzioni)

Proprio sulle misure concrete che danno titolo a beneficiare dello sgravio è opportuno che venga fornita qualche indicazione in più rispetto a quanto contenuto nel Dpcm, in modo da consentire ad aziende e sindacati di mettere a punto e sottoscrivere gli accordi. Nei mesi scorsi, in attesa dell’attuazione della norma, alcune imprese lo hanno già fatto, ma molte altre, come riferito da alcune associazioni di categoria, sono rimaste ferme in attesa di chiarimenti.

Tra Imu e Tares

La voce sta diventando un coro che cerca di scongiurare almeno una delle componenti dell’ingorgo fiscale a cui assisteremo nell’estate 2013. E lo slittamento al 2014 dell’entrata in vigore della nuova Tares (il tributo sui rifiuti che dovrà consentire ai Comuni di coprire integralmente i costi della raccolta e dello smaltimento) ormai arriva all’unisono dal mondo delle autonomie, della politica e dei consumatori e delle aziende di raccolta e smaltimento.

Anche perché oltre ai rincari (sino al 25% per le famiglie ma oltre il 600% per gli esercizi commerciali nel passaggio dalla Tarsu alla Tares) la scadenza dei pagamenti per le imposte locali e quelle nazionali creerà tra giugno e luglio un conto decisamente alto. Infatti, a meno di interventi correttivi auspicati ormai a 360 gradi, la Tares debutterà a luglio, subito dopo gli acconti Imu (che quest’anno non si pagherà con le aliquote standard ma con quelle, in genere più alte, decise dai Comuni), Irpef e Ires e in contemporanea con l’eventuale aumento Iva ormai fifficile da scongiurare. Il saldo sarà invece in calendario per fine anno, e anche in quel caso sarà accompagnato nel giro di pochi giorni dalle scadenze Imu, Irpef e Ires.
In questo ingorgo fiscale, la Tares peserà di più rispetto alla Tarsu o alla Tia pagata nel 2012 per due ordini di motivi. Il primo con i rifiuti non c’entra e nasce dalla maggiorazione obbligatoria da 30 centesimi al metro quadrato che i Comuni dovranno applicare per finanziare i servizi indivisibili (dall’illuminazione pubblica alla sicurezza passando per manutenzione delle strade e cura del verde pubblico). I Comuni non potranno decidere sconti su questa maggiorazione, che a livello nazionale vale un miliardo di euro, anche perché queste risorse sono già state tagliate dall’Erario. I sindaci potranno però decidere di aumentare ulteriormente il carico, facendo passare la richiesta da 30 a 40 centesimi al metro quadrato: una scelta che, alla luce delle condizioni in cui si trova la finanza locale e dei tagli aggiuntivi (2,25 miliardi) già previsti dal decreto di luglio 2012 sulla revisione di spesa, potrebbe portare il conto a 1,33 miliardi. Senza dimenticare che la Tares dovrà garantire la copertura integrale dei costi del servizio rifiuti, in base a un parametro che oggi era vincolante solo per i Comuni della Campania e per quelli (1.300 su 8.094) che adottavano la tariffa (Tia) invece della vecchia tassa (Tarsu). In un Comune come Milano, che nel 2012 registrava una “scopertura” del 5,4%, l’insieme dei due fattori potrebbe portare ad aumenti fra il 9 e il 20,5% a seconda degli utenti.

Per il Garante l’anagrafe deve garantire la protezione dei dati

Tutto ruota sulla sicurezza dei dati. Tanto nel duplice parere relativo alla creazione della super-anagrafe dei conti correnti, quanto in quello sul decreto che voleva ridisegnare l’Isee (progetto non andato in porto), il Garante della privacy ha sempre sottolineato l’esigenza della protezione delle informazioni acquisite. L’Autorità ha, pertanto, chiesto all’agenzia delle Entrate, deputata a gestire il mega database dei conti correnti, e all’Inps, a cui spetta il controllo dei dati necessari per l’Isee, di prestare particolare attenzione ai sistemi di sicurezza.
Non solo quelli necessari per mettere sotto chiave le informazioni una volta arrivate agli archivi, ma anche le vie informatiche su cui quei dati devono viaggiare. Elemento, quest’ultimo, che si rivela particolarmente sensibile nel caso della super-anagrafe dei conti, da cui il Fisco dovrà elaborare, in via automatica, le liste di potenziali evasori. Con la pubblicazione del provvedimento del direttore delle Entrate l’anagrafe dei conti prende forma. I milioni di dati relativi ai conti correnti (ma non solo: verranno acquisiti, per esempio, anche i movimenti delle carte di credito, le notizie sulle gestioni patrimoniali, gli accessi annuali alle cassette di sicurezza) dovranno essere trasferiti dalle banche e dagli altri operatori finanziari all’agenzia delle Entrate. La strada sulla quale quella enorme massa di dati viaggerà dovrà, pertanto, essere senza intoppi. A prova di qualsiasi accesso indebito o di perdita di informazioni.
Ecco perché uno dei maggiori rilievi che il Garante aveva rivolto al Fisco con il primo parere del 17 aprile dello scorso anno riguardava la debolezza di Entratel, sistema che le Entrate avevano individuato per la trasmissione dei dati. Entratel non era infatti in grado di supportare l’invio di file superiori a 3 megabyte, costringendo a suddividere i file di dimensioni superiori in tanti “pezzi” e, dunque, prestando il fianco a maggiori rischi di sicurezza dei dati trasmessi. Alla luce di quelle critiche, il Fisco ha fatto marcia indietro e, come il Garante ha potuto appurare con il secondo parere del 15 novembre scorso, ha cambiato sistema, abbandonando Entratel e ricorrendo a Sid (Sistema di interscambio dei dati) elaborato dalla Sogei.
Un altro aspetto che fa parte del discorso sicurezza, ma che merita un’attenzione particolare, è il tempo di conservazione dei dati. Le informazioni, ricorda il Garante, devono essere custodite per un tempo determinato e poi cancellate automaticamente.
C’è, infine, una questione che fa da sottofondo alle discussioni sulla creazione di nuovi archivi: il pericolo del gigantismo. La raccolta massiccia di dati concentrati in un unico punto aumenta in maniera esponenziale i pericoli di utilizzo illegittimo. Preoccupazione che l’Autorità della riservatezza ha espresso in maniera inequivocabile nel primo parere sulla super-anagrafe dei conti, allorché ha parlato di interesse «che il valore strategico di una simile banca dati può suscitare sia con riferimento ad accessi abusivi e a utilizzi impropri, che alla proliferazione di interconnessioni e raffronti».
Ecco perché l’allora presidente del Garante, Francesco Pizzetti, ebbe a dire che seppure l’obiettivo di lotta all’evasione era condivisibile, quello di perseguirlo attraverso la realizzazione del grande database era da considerare come una misura emergianziale, da abbandonare non appena i risultati lo consentiranno.

Per i beni ai soci rinvio al 15 ottobre

Slitta la comunicazione dei beni ai soci. L’adempimento passa dal 2 aprile (essendo il 31 marzo, data della scadenza, domenica) al prossimo 15 ottobre. Lo ha deciso il direttore dell’agenzia delle Entrate che, con provvedimento del 25 marzo, motiva la proroga con «l’esigenza di valutazione, da parte dell’Agenzia, delle proposte di semplificazione avanzate dalle associazioni di categoria che riguardano la tipologia delle informazioni da comunicare e le relative modalità di trasmissione. Il rinvio del termine – si legge ancora nel provvedimento – è, pertanto, funzionale alla definizione del confronto in atto con le associazioni di categoria». Sul Sole 24 Ore in edicola martedì 26 marzo gli approfondimenti sulla proroga e sull’adempimento.

Entro il 2 aprile le imprese avrebbero dovuto trasmettere l’elenco di tutti beni affidati in godimento a soci e familiari. Questo non solo per il 2011, anno di prima applicazione della norma (articolo 2 del Dl 138, entrato in vigore il 17 settembre 2011), ma anche per il 2012. Come anticipato sul Sole 24 Ore dell’8 febbraio scorso, però, il termine del 2 aprile 2013 avrebbe subito uno slittamento.

I problemi applicativi e la sovrapposizione con altri obblighi, infatti, hanno suscitato nei mesi scorsi le critiche degli operatori che hanno chiesto in più occasioni una revisione delle regole applicative. Una revisione che, fanno sapere dalle Entrate, si sta mettendo a punto nell’ambito del più ampio tavolo delle semplificazioni.

L’occhio del Fisco sui conti correnti

È stato firmato il provvedimento dell’agenzia delle Entrate che integra l’archivio dei rapporti finanziari. Prende corpo così il nuovo sistema di controllo rafforzato su saldi e movimenti dei conti correnti e degli altri tipi di strumenti finanziari.

Entro il 31 ottobre 2013 – e non più entro il mese di aprile, quindi – dovranno essere comunicate, in particolare, le informazioni relative alle diverse tipologie di rapporti attivi nel 2011. Lo scorso 7 marzo si è tenuto, infatti, un incontro delle principali associazioni di categoria delle banche e degli altri operatori finanziari con l’agenzia delle Entrate, nel corso del quale è stato concordato il nuovo calendario per l’invio delle comunicazioni annuali: quelle relative al 2012, perciò, dovranno essere trasmesse entro il 31 marzo 2014, mentre a regime i dati degli anni successivi dovranno essere inviati entro il 20 aprile (per i dati relativi al 2013 la scadenza è il 20 aprile 2014).

Il provvedimento del direttore dell’Agenzia, Attilio Befera, attua le disposizioni dell’articolo 11, commi 2 e 3, del Dl 201/11, convertito con modificazioni dalla legge 214/11 .
In particolare, gli intermediari finanziari elencati all’articolo 7, sesto comma, del Dpr 29 settembre 1973, n. 605 (già obbligati alla comunicazione all’anagrafe tributaria prevista dal provvedimento del 19 gennaio 2007), – tra cui banche, Poste italiane, intermediari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio e società di gestione del risparmio – dovranno segnalare i dati identificativi del rapporto, compreso il codice univoco, riferito al soggetto persona fisica o non fisica che ne ha la disponibilità e a tutti i cointestatari (nel caso di intestazione a più soggetti), nonché i dati relativi al saldo iniziale al 1° gennaio e al saldo finale al 31 dicembre.

Per i rapporti avviati nel corso dell’anno il saldo iniziale ovviamente dovrà tener conto della data di apertura, mentre per quelli chiusi nel corso dell’anno il saldo andrà contabilizzato al momento della data di chiusura. Andranno anche indicati i dati relativi agli importi totali delle movimentazioni distinte tra dare e avere per ogni tipologia di rapporto conteggiati su base annua. Finiranno nel censimento, oltre ai conti correnti, tra l’altro, i conti deposito titoli, le gestioni patrimoniali, i rapporti fiduciari (legge 1966/39), le carte di credito/debito, le operazioni extra-conto, le cassette di sicurezza (relativamente al numero di accessi annuali), certificati di deposito e buoni fruttiferi e contratti derivati. Sono esclusi, invece, fondi pensione e finanziamenti.

Per garantire la sicurezza delle trasmissioni informatiche è previsto che gli operatori finanziari comunichino i dati utilizzando, previa registrazione sul sito internet delle Entrate, la nuova infrastruttura Sid, attraverso la nuova piattaforma di file transfer protocol (Ftp). Nel solo caso di trasmissione di file inferiori a 20 mb in formato compresso, è possibile l’utilizzo, sempre in modalità automatizzata, del servizio di posta elettronica certificata. Sempre nella prospettiva della sicurezza e della tutela della riservatezza viene poi stabilito che i dati siano conservati entro i termini di decadenza dell’accertamento e quindi fino al 31 dicembre del sesto anno successivo a ogni anno d’imposta, dopo di che saranno automaticamente cancellati.

Nautica da diporto, il «noleggiometro» va spedito anche a Inps e Inail

Il “noleggiometro” si rifà il look e diventa un modello unico. La comunicazione obbligatoria per chi noleggia imbarcazioni (da 10 a 24 metri di lunghezza) e navi (sopra i 24 metri) da diporto, semplificata dal Governo Monti, oltre che al Fisco e alle Capitanerie di porto dovrà essere spedita on line anche a Inps e Inail nei casi in cui il noleggio dia luogo a prestazioni di lavoro accessorio (skipper, assistenti, mozzi ecc.).
È pronto, dunque, il nuovo modello di comunicazione unica del noleggio occasionale di imbarcazioni e navi da diporto.

Il decreto attuativo del Semplifica-Italia (Dl 24 gennaio 2012 n. 1) ha già incassato le bollinature di rito e le firme dei ministri Grilli, Passera e Fornero. Il nuovo prospetto, allegato al decreto interministeriale, dovrà essere inviato dalle persone fisiche, o dall’utilizzatore in leasing, che effettuano attività di noleggio di imbarcazioni e navi da diporto in forma occasionale.

La forma di noleggio, come prevede il codice della nautica da diporto rivisto e corretto dal Semplifica-Italia, non costituisce uso commerciale dell’unità. La comunicazione da inoltrare a Fisco, Inps, Inail e Capitanerie di porto, dovrà essere preventiva e inviata dunque prima dell’inizio di ogni attività di noleggio occasionale.

Noleggiometro da inviare alla direzione accertamento
Per le comunicazioni alle capitanerie di porto il decreto prevede che i soggetti obbligati devono compilare e sottoscrivere il modello in formato pdf disponibile sul sito istituzionale delle Capitanerie e inviarlo per posta elettronica alla Capitaneria competente per territorio. Il “noleggiometro” da inviare al Fisco, oltre a fornire una scelta più ampia tra i formati elettronici (pdf, gif, tff o jpg), dovrà essere allegato, invece, a un messaggio di posta elettronica da inoltrare alla casella della direzione centrale accertamento dell’agenzia delle Entrate: dc.acc.noleggio@agenziaentrate.it.

Partite Iva, controlli Inail dal 2015

In presenza di prestazioni autonome convertite in collaborazioni coordinate e continuative a progetto «l’obbligo assicurativo va assolto secondo le condizioni previste per i lavoratori parasubordinati». Ma i controlli contro le false partite Iva partiranno solo dal 2015.
Con la circolare 15 dello scorso 20 marzo l’Inail ha diramato alle proprie sedi le indicazioni operative in materia di assolvimento dell’obbligo assicurativo, le quali tengono conto delle novità apportate dalla riforma Fornero (legge 92/12) in merito alla presunzione legale di collaborazione coordinata e continuativa – salvo sia fornita prova contraria da parte del committente – nell’ipotesi in cui un soggetto dotato di partita Iva ricada in almeno due dei tre seguenti presupposti:
a) abbia in essere un rapporto di collaborazione tale in un periodo pari a 8 mesi annui (241 giorni, anche non continuativi) per due anni consecutivi (da individuare dal 1° gennaio al 31 dicembre a partire dagli anni 2013 e 2014);
b) ricavi da questo rapporto almeno l’80% del proprio fatturato nell’arco di due anni solari consecutivi, considerando i soli corrispettivi derivanti da prestazioni autonome fatturate nel biennio solare (2 periodi di 365 giorni non coincidenti necessariamente con il biennio civile) decorrente dal 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della riforma Fornero;
c) sia dotato di postazione fissa di lavoro in locali di disponibilità del committente negli archi temporali utili alla realizzazione di una delle altre condizioni indicate.
Mentre la postazione fissa è valutabile immediatamente, gli altri due presupposti – precisa l’Inail – potranno essere verificati solo a partire dal 2015.
Lo scattare della presunzione legale di collaborazione coordinata e continuativa per le attività svolte in regime di monocommittenza – ricorda l’Inail – comporta l’applicazione della disciplina in materia di lavoro a progetto, con pagamento del premio Inail, da cui sono invece esentate le partite Iva genuine, salvo che per casi particolari in cui, come ad esempio può accadere nelle società tra professionisti, si configuri la cosiddetta dipendenza funzionale.
Accertato il verificarsi della presunzione sulla base del verbale ispettivo, la sede Inail dovrà, dunque, procedere al recupero dei contributi evasi, calcolati secondo le previsioni per i lavoratori parasubordinati. Il recupero sarà effettuato in base al tasso applicabile all’attività svolta sull’ammontare delle somme effettivamente erogate al collaboratore, e sarà ripartito nella misura di un terzo a carico del lavoratore e di due terzi a carico del committente nel rispetto dei limiti minimo e massimo previsti per il pagamento delle rendite erogate dall’Inail. Resta ancora da chiarire, invece, quali saranno le modalità operative con cui il prelievo verrà applicato, punto su cui presumibilmente sarà necessario che il ministero del Lavoro si esprima.