L’agenzia delle Entrate dà il via ai modelli 2013 per le dichiarazioni dei redditi

Via libera definitivo a tutti i modelli per le dichiarazioni dei redditi da presentare nel 2013. Lo annuncia l’agenzia delle Entrate in un comunicato.

Questi modelli – segnala il comunicato dell’Agenzia – con i relativi provvedimenti di approvazione completano il quadro delle dichiarazioni 2013, aggiungendosi ai modelli Cud, 770, Iva e 730, già  nella loro versione finale.

In evidenza per il 2013

La stessa Agenzia segnala poi alcune delle novità maggiori per le varie dichiarazioni. Ecco l’elenco proposto dal comunicato

Società di capitali – Ridotte a 6 (da 25) le sezioni del quadro RU dedicato ai crediti d’imposta concessi alle imprese. Tra le novità anche la deduzione dal reddito, ai fini Ires, della quota di Irap relativa alle spese per il personale dipendente e assimilato.
Enti non commerciali – Nel quadro RB spazio alla nuova disciplina di tassazione degli immobili riconosciuti di interesse storico e artistico per i quali si fa riferimento alla rendita catastale ridotta del 50% e non più alla minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato l’immobile.
Irap con sconti per chi assume– Tra le novità più rilevanti, l’incremento, da 4.600 a 10.600 euro, delle deduzioni in favore delle imprese che assumono a tempo indeterminato lavoratrici e under 35. La deduzione diventa “maxi”, con aumento da 9.200 a 15.200, per le assunzioni in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Partite Iva, reddito annuo da monitorare

Rispetto all’impianto iniziale, si è gradualmente attenuata la stretta sulle partite Iva introdotta con la riforma del lavoro (legge 92/2012), ma i committenti non possono dare per risolta la questione, soprattutto in caso di contenzioso con il lavoratore.
Il giro di vite che il legislatore aveva dato per arginare l’uso distorto di queste collaborazioni, è stato depotenziato:
econ le modifiche alle “spie” di possibile subordinazione introdotte dal decreto sullo sviluppo (Dl 83/2012), che hanno dilatato l’arco temporale di misurazione degli indici di liceità;
rcon l’emanazione, il 20 dicembre scorso, del Dm che individua le attività escluse dalla presunzione di subordinazione.
La circolare 32/2012 ha rinviato le prime verifiche a due anni dall’entrata in vigore della disposizione (quindi, dal 18 luglio 2014), senza dimenticare che è comunque possibile “sistemare” i rapporti non conformi alle nuove regole entro il 18 luglio prossimo (come prevede il comma 4 dell’articolo 69-bis del Dlgs 276/2003).
È opportuno, comunque, ripercorrere le verifiche da eseguire per evitare di far scattare il disconoscimento di queste forme contrattuali e quindi di dover contrastare la pretesa degli organi di vigilanza. Anche perché la coerenza con gli indirizzi forniti dalla circolare – se utile a frenare l’azione ispettiva – potrebbe non bastare, in caso di contenzioso con il lavoratore, rispetto alle valutazioni del giudice.
In primo luogo, è importante delimitare l’efficacia delle nuove norme, che coinvolgono persone titolari di partita Iva, operanti in attività di impresa individuale di servizi, o i lavoratori autonomi privi di un ordinamento o dell’iscrizione a un elenco.
La riforma del lavoro ha individuato parametri al verificarsi dei quali la collaborazione a partita Iva scivola, salvo prova contraria da parte del committente, nell’alveo delle collaborazioni coordinate e continuative. Si tratta di una presunzione “semplice” che comporta l’inversione dell’onere della prova a carico del committente: se questo non è in grado, però, di dimostrare l’esistenza di un progetto così come definito dalla nuova formulazione dell’articolo 67 della legge Biagi, e la presenza di tutte le altre caratteristiche qualificatorie di un rapporto di co.co.pro genuino, si presume la natura subordinata del rapporto, a tempo indeterminato e fin dalla sua costituzione.
La circolare non ha peraltro chiarito se la prova contraria per contrastare la presunzione possa essere fornita, oltre che dal committente, come emerge dal dettato normativo, anche dal collaboratore, il quale – trattandosi di un rapporto che soggiace a una specifica disciplina previdenziale e fiscale – potrebbe avere l’interesse a non vedere disconosciuto il suo inquadramento.
Il rapporto a partita Iva si converte in collaborazione a progetto e – in assenza dei requisiti – in rapporto di lavoro subordinato, se ricorrono almeno due delle seguenti condizioni:
ela durata della collaborazione supera gli otto mesi annui per due anni consecutivi;
ril corrispettivo costituisce più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi;
til collaboratore dispone di una postazione fissa di lavoro in una delle sedi del committente.
La circolare 32/2012 ha illustrato i criteri che gli ispettori dovranno seguire per il controllo.
È bene, per precauzione, che il committente si faccia rilasciare dal collaboratore un’attestazione sui compensi percepiti complessivamente nell’anno, anche da altri committenti.
Tuttavia, la legge 92/2012 ha lasciato aperte alcune vie d’uscita, rispetto alla nuova presunzione di collaborazione coordinata e continuativa. Ci sono infatti due esimenti – che si devono realizzare insieme – per cui non opera la presunzione di co.co.pro: il lavoratore ha competenze teoriche elevate o particolari capacità tecnico-pratiche (la circolare 32/2012 fornisce alcuni esempi) e ha un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi alla gestione Inps commercianti (18.662,50 euro per il 2012).
Rimangono al riparo dalle modifiche della legge 92/2012 anche le prestazioni svolte nell’esercizio di attività professionali per cui è richiesta l’iscrizione a un ordine professionale o a registri.

Arrivano Tobin, Ivie e Tares

Tre nuove tasse al debutto, ma anche maggiori sconti per i figli e la promessa che gli importi della lotta all’evasione saranno utilizzati per abbattere le imposte a famiglie e imprese. Se il 2012 è stato l’anno dell’Imu, il 2013 vedrà l’arrivo di tre nuove imposte e certo non sarà meno impegnativo per gli italiani.

La pressione fiscale, in base alle ultime previsioni del governo, salirà dal 44,7% dell’anno appena concluso al livello record del 45,3%. Le nuove tasse guardano soprattutto alla casa e agli investimenti finanziari. Scatta da subito l’Ivie, l’imposta che si paga sul valore degli immobili all’estero, mentre bisognerà attendere marzo per la Tobin Tax sulle transazioni finanziarie. A caratterizzare l’anno sarà però la Tares, la nuova tariffa sui rifiuti che si preannuncia come un balzello di rilievo: si pagherà da aprile sulla grandezza degli immobili ma manderà in pensione la tecchia Tarsu e assorbirà la Tassa di igiene ambientale.

Ma a pesare sui portafogli dei contribuenti sarà l’Iva che a luglio vedrà l’aliquota salire dal 21 al 22%. Non ci saranno comunque solo note dolenti. Da tenere presente che fino a giugno sarà possibile usufruire di maggiori sconti sui lavori di ristrutturazione (dopo la detrazione scende dal 50 al 36%) e scattano i nuovi sconti per i figli a carico. C’è poi l’aspettativa di un calo delle tasse su famiglie e imprese: il fondo per il calo delle tasse arriva dal 2013 e sarà rimpinguato con la lotta all’evasione che vedrà in campo il nuovo redditometro.

Partite Iva, cosa cambia con la riforma del lavoro

Partite Iva, cosa cambia con la riforma del lavoro

Nelle intenzioni del legislatore, l’intervento normativo ha la finalità di contrastare l’utilizzo di finte collaborazioni autonome.

Tra le diverse novità introdotte dalla riforma del mercato del lavoro assume particolare rilievo la nuova disciplina delle collaborazioni professionali con titolarità di partita Iva contenuta nella legge n. 92/2012. L’intervento riformatore avrebbe, almeno nelle intenzioni del legislatore, la finalità di contrastare l’utilizzo di finte collaborazioni autonome che di fatto dissimulano l’esistenza di rapporti di lavoro subordinato ovvero forme di collaborazioni ascrivibili alla parasubordinazione. L’obiettivo sarebbe quello di fornire strumenti di protezione a quei lavoratori che ancorché formalmente autonomi si trovano in una situazione di dipendenza economica, derivante da un regime di mono-committenza. Obiettivo, questo, meritevole che verrebbe, però, perseguito attraverso una tecnica (delle presunzioni legali) assai discutibile, in cui tutto è ricondotto al lavoro subordinato, passando, prima, dalla collaborazione a progetto. In tal modo al lavoratore non verrebbero apprestate forme di tutela <<nel>> lavoro autonomo, ma <<dal>> lavoro autonomo sulla base di un duplice assunto: che la collaborazione coordinata e continuativa a progetto sia, in ogni caso, preferibile al lavoro cambia con la riforma del lavoro autonomo tout-court, qual è quello delle partite Iva; che qualunque forma di lavoro che si discosta da quella tipica, standard, sia in re ipso pregiudizievole per il lavoratore. D’altronde ciò risponde alla filosofia di un impianto legislativo permeato dall’enfasi del contratto dominante, che assegna un ruolo prioritario al lavoro subordinato a tempo indeterminato quale forma comune di rapporto di lavoro. Passando in rassegna la nuova disciplina di riferimento, emerge una presunzione di legge in base alla quale le prestazioni lavorative svolte da persona titolare di partita Iva sono considerate come rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in presenza di almeno due dei tre indicatori espressamente previsti dal testo normativo. Si tratta di tre indici che, in sostanza, se combinati tra loro, fanno presumere l’esistenza di un rapporto di etero-coordinazione tra il committente e il prestatore di lavoro, salvo che il primo non fornisca prova contraria (presunzione relativa) dell’instaurazione di un valido e genuino rapporto di lavoro autonomo. La novella ha ampliato l’arco temporale di riferimento a due anni solari consecutivi, attenuando in parte il precedente rigore. Con riferimento ai tre indicatori occorre fare alcune precisazioni. Anzitutto, la durata complessiva del rapporto, che comprendere anche eventuali proroghe o rinnovi dello stesso, dovrà calcolarsi nell’arco di due anni solari consecutivi, da intendersi come anno civile, vale a dire dal 1° gennaio al 31 dicembre. Riguardo, invece, al corrispettivo dovrà farsi riferimento a quello effettivamente percepito e quindi corrisposto al lavoratore, nello stesso arco temporale, direttamente dal committente ovvero da più soggetti, comunque riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi. Per valutare la sussistenza di tale condizione, il committente potrà richiedere al collaboratore un’attestazione scritta, che quest’ultimo sarà obbligato a fornire prima dello svolgimento del rapporto. Quanto, infine, al terzo requisito, è necessario che il collaboratore disponga stabilmente di una postazione di lavoro, anche se non in via esclusiva, presso una delle sedi del committente.

Fonte: Italia Oggi

Novità sulla responsabilità solidale negli appalti

Nuovi chiarimenti in materia di responsabilità negli appalti pubblici e privati fra committente, appaltatore e subappaltatore.

Nuova Normativa Appalti