Legge di stabilità 2016: dal bonus investimenti al piano mezzogiorno

Con la Legge di stabilità 2016 il governo intende attuare una serie di interventi per incentivare gli investimenti delle PMI, le assunzioni e rinnovare le infrastrutture del Sud.

euro-banconote-k5oF--672x351@IlSole24Ore-WebI tecnici del governo stanno studiando un bonus fiscale per le Pmi. L’idea è di incentivare le imprese consentendo di fruire di unmaggior ammortamento del 40% del valore degli investimenti inmacchinari produttivi. L’intervento sarebbe esteso a tutto il territorio nazionale, anche se per le zone del Sud è previsto un potenziamento legato alla riduzione del periodo obbligatorio di ammortamento. L’intervento dovrebbe rientrare all’interno della Legge di stabilità 2016. Tra le altre ipotesi vi sono anche laproroga dell’incentivo alle assunzioni, introdotto dalla Legge di stabilità 2015, che scade a dicembre. La proposta è di prorogarlo per un altro anno, e di potenziarlo per il Sud in caso di assunzioni stabili under 30, donne e over 55. Infine si pensa al rilancio delle infrastrutture pubbliche del Sud, in particolare il rinnovo delle reti ferroviarie e autostradali: ferrovia veloce Napoli-Bari e della Palermo-Messina-Catania.

Fonte : Il Sole 24 Ore

Processo tributario telematico dall’1/12

Dal 1° dicembre 2015 nelledownload commissioni tributarie di Toscana e Umbria parte il processo tributario telematico. Il debutto avverrà in via sperimentale, per essere poi gradualmente esteso alle Ctp e Ctr del resto d’Italia. Invece che nella tradizionale forma cartacea, i ricorsi potranno essere notificati all’ente impositore tramite posta elettronica certificata. Successivamente, attraverso il Sigit (sistema informativo della giustizia tributaria), le parti potranno depositare telematicamente tutti gli atti processuali in formato «pdf» e pagare il contributo unificato. Per potersi registrare al sistema sarà necessario avere un indirizzo Pec e la firma elettronica qualificata. Le specifiche tecniche sono state fissate dal Mef con un decreto firmato il 4 agosto 2015 e pubblicato sulla G.U. n. 184 dello scorso 10 agosto, dopo che sia il garante privacy (a maggio) sia l’Agid (il 1° luglio) avevano espresso il proprio parere favorevole. Il provvedimento completa così il pacchetto normativo e regolamentare del Ptt, a circa quattro anni di distanza dalla previsione introdotta dal dl n. 98/2011. Il processo telematico sarà una facoltà e non un obbligo.

Fonte : Italia Oggi

Equitalia potrà «entrare» in banca per avere informazioni su conti e patrimoni

Equitalia entra in banca. O meglio, potrà farlo. A spianarle la strada è la commissione Finanze del Senato, che di contro non fa alcun accenno all’eventualità di cancellare la norma del Dlgs riscossione che ripristina l’anatocismo degli interessi sulle cartelle esattoriali. Il parere approvato a maggioranza, con il voto contrario di Lega e Gruppo misto, invita al Governo a consentire a Equitalia il «libero accesso a tutte le informazioni finanziarie che riguardano i contribuenti, come per esempio i conti bancari italiani e quelli all’estero, la compravendita di auto o di imbarcazioni, i conti titoli, ecc. ecc. come avviene nei Paesi oltreconfine».

Una richiesta motivata dalla relatrice Lucrezia Ricchiuti (Pd) con l’eccessiva riduzione dei poteri attribuiti ai concessionari della riscossione, che ha prodotto una contrazione degli importi incassati negli ultimi anni come riconosciuto anche dalla Corte dei conti. A tal proposito si fa presente come la pignorabilità dell’unica casa sia preclusa ad Equitalia ma non alle banche, stabilendo quindi un trattamento privilegiato per i creditori privati rispetto a quelli pubblici. Uno sbilanciamento che il Senato chiede di correggere restituendo efficienza nel potere di recupero del concessionario pubblico.

Ma non è l’unica sorpresa negativa per i contribuenti. La commissione Finanze chiede di rivedere quello che il premier Renzi aveva definito «tanta roba» ossia il taglio dall’8% al 6% dell’aggio della riscossione. Il parere approvato chiede al Governo di valutare la possibilità di prevedere una riduzione più contenuta dei compensi per l’attività di esattore: solo il 7%, quindi appena un punto percentuale in meno rispetto alla situazione attuale. E nemmeno da subito. Con un’altra osservazione la Commissione ha suggerito di prevedere un regime transitorio per il taglio dell’aggio: applicazione del taglio solo ai ruoli affidati agli agenti dal 1° gennaio 2016 in poi. Per non rischiare uno «scoperto» sui conti del concessionario, la stessa norma transitoria dovrebbe «compatibilmente con le esigenze del bilancio dello Stato, prevedere forme di integrazione dei ricavi». Quindi, un intervento pubblico finanziato dagli stessi contribuenti.

Stretta anche sulle richieste di rateazioni dei pagamenti. Nel mirino dei senatori finisce anche l’autocertificazione dello stato di difficoltà per i debiti fino a 50mila euro. La possibilità di «comportamenti opportunistici in assenza di una verifica dell’agente di riscossione» ha spinto la commissione a mantenere l’obbligo di documentare l’«obiettiva difficoltà» nei piani di ammortamento fino a 72 tranche, «indipendentemente dal valore delle somme iscritte a ruolo».

Il parere non menziona, invece, la norma molto contestata dalle imprese relativa al ritorno degli interessi di mora su sanzioni e altri interessi. Una disposizione che cancella il passo indietro fatto con il Dl Sviluppo del 2011 e ripropone l’anatocismo sulle cartelle esattoriali. E su cui, da ultima in ordine di tempo, Assonime ha fatto notare come non appaia «in linea con i principi indicati dalla legge delega, i quali, per l’appunto, non richiedono di introdurre nuovi oneri a carico dei contribuenti in fase di riscossione».

Intanto, la commissione Finanze del Senato ha approvato ieri anche il parere sullo schema di Dlgs per il monitoraggio di lotta all’evasione e tax expenditures per alimentare il fondo taglia-tasse. Come ricordato dal presidente Mauro Maria Marino (Pd) in una nota, la «Commissione suggerisce di sottoporre a ulteriori verifiche le singole agevolazioni trascorsi cinque anni».

Fonte : Il Sole 24 Ore

Le false cooperative nel mirino del Fisco

logo_trasparenteI Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 3653 del 24 febbraio 2015, ribadiscono la legittimità del disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle agevolazioni previste per il sistema cooperativo (D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 11 e 14; D.C.P.S. n. 1577 del 1947, artt. 16, 23 e 26; L. n. 59 del 1992, art. 11) qualora dietro lo schema cooperativistico si celi una normale attività lucrativa.

A seguito della verifica da parte dalla Guardia di finanza, l’Amministrazione finanziaria notificava ad una “Cooperativa di Lavoro” due avvisi di accertamento coi quali, da un lato, veniva rettificata la posizione reddituale, e dall’altro, veniva negato il diritto alle agevolazioni fiscali previste dalla normativa a favore delle cooperative.

L’Amministrazione finanziaria, adduceva una serie di indici rivelatori per motivare il proprio convincimento sul fatto che la “compagine dei cooperatori” svolgesse in realtà una normale attività imprenditoriale con finalità lucrativa servendosi del più conveniente schermo cooperativistico quali: i) l’oggetto sociale eterogeneo; ii) le plurime partecipazioni dei soci in altre cooperative; iii) il rilevante utilizzo di personale dipendente non socio e diprestazioni rese da cooperative terze; iv) il ricorso al subappalto; v) la notevole entità degli utili di esercizio; vi) il possesso di partecipazioni in imprese controllate o collegate anche estere; vii) l’effettuazione di cospicui investimenti immobiliari; viii) le notevoli spese pubblicitarie sostenute.

I due atti impositivi venivano annullati in primo grado, con decisioni confermate in appello, sostanzialmente sulla base delle seguenti motivazioni:

  1. l’ammontare della remunerazione dei soci prestatori con continuità non era inferiore al 50% degli altri costi;
  2. i soci prestavano attività confacenti;
  3. il numero dei soci addetti a compiti tecnici e/o amministrativi era contenuto nello stretto necessario.

Inoltre, il Giudice di seconde cure ha “escluso che l’eterogeneità dell’oggetto sociale potesse ostare all’applicazione delle agevolazioni rimarcando che lo statuto sociale è stato ispirato da principi di mutualità e che la cooperativa ha conseguito l’iscrizione nei registri prefettizi. In proposito, ha negato l’incompatibilità tra fine mutualistico e intento di lucro, al pari di ogni rilievo ostativo alla ripartizione di utili statutariamente consentita”.

Il rispetto formale di talune condizioni poste dalle leggi in materia, quali ad esempio la ricorrenza dei requisiti mutualistici con riguardo all’organizzazione e agli scopi risultanti dallo statuto però, non è ritenuto sufficiente a legittimare il riconoscimento delleagevolazioni fiscali previste per le entità che si adoperano con il fine mutualistico.

Infatti, le cooperative di produzione e lavoro sono fiscalmente esentate non solo in ragione della loro natura giuridica soggettiva, ma anche in funzione dell’attività svolta in concreto(v. Cass. n. 23002 del 2009), e comunque, resta sempre salva la facoltàdell’Amministrazione finanziaria di disconoscere le agevolazioni, per ogni singolo periodo d’imposta, sulla base di dati concreti, atti cioè a dimostrare che la vestemutualisticafunge da copertura a una normale attività imprenditoriale.

E che il problema delle false cooperative sia il “segreto di pulcinella” diventa ben più evidente nel caso di specie, dove tra l’altro, numerosissimi soci (addirittura centinaia) non hanno prestato attività lavorativa; la contribuente si è avvalsa dei servigi resi da altra cooperativa e del subappalto; moltissimi soci hanno rivestito tale qualità per brevissimi periodi; i cospicui utili non sono stati distribuiti ai soci, anche se molti di questi hanno contribuito alla realizzazione di tale risultato senza trarre alcun beneficio, avendo perso dopo breve periodo la qualità di socio. Tutti elementi fattuali che tendono a far considerare la “pseudo cooperativa” alla stregua di una struttura d’intermediazione.

È interessante notare come la decisione sia stata presa in perfetta sintonia con i criteri di compatibilitàeurounitaria” delimitati dalla Corte di Giustizia con la sentenza C-78/08 e C-80/08 (cause riunite), pronunciata a seguito delle domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla stessa Corte di Cassazione italiana, ed avente ad oggetto il tema degli aiuti di Stato, i vantaggi concessi alle società cooperative di produzione e lavoro, e le nozioni di vantaggio e di selettività.

Nella sentenza supra richiamata, gli “eurogiudici” chiariscono, tra l’altro, che le cooperativeche realmente perseguono una finalità mutualistica sono solo quelle che operanonell’interesse economico dei loro soci o intrattengono con questi ultimi una relazione non puramente commerciale, bensì personale particolare, in cui essi siano attivamente partecipi e abbiano diritto ad un’equa ripartizione dei risultati economici”.

Dal canto suo, la Corte di Cassazione, richiamando il pensiero della migliore dottrina, rammenta, da un lato, che “la cifra caratteristica e distintiva delle cooperative si manifesta nel fatto che l’interesse dei partecipanti (lavoratori, produttori, consumatori) non risiede nella remunerazione del capitale investito, ma nello scopo mutualistico, rappresentato dalla massimizzazione delle occasioni di scambio con la società”, e dall’altro, che “LaRepubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità esenza fini di speculazione privata (…) ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità” (art. 45 Cost.).

La sentenza di appello viene quindi “cassata” e la causa viene rinviata ad altro giudice perché decida sulla portata precettiva della normativa di settore dopo aver analizzato la natura sostanziale della cooperativa e valutato lo sviamento dal carattere tipico della cooperativa verso fini diversi.

Minimi, opzione anche per chi ha cominciato a inizio 2015

???????????L’Agenzia delle Entrate offre una chance a coloro che, avendo aperto l’attività a inizio 2015, non potevano scegliere il regime dei minimi, in quanto abrogato dalla legge di stabilità 2015. Per chi ora voglia accedervi l’Agenzia spiega come procedere: l’opzioneandrà fatta direttamente nel modello Unico 2016 (periodo d’imposta 2015) e dovranno essere apportate le modifiche agli eventuali documenti emessi con Iva, entro determinate scadenze.

Regime dei minimi: facciamo il punto

I contribuenti che hanno intrapreso un’attività a inizio 2015, e dovevano scegliere il regime fiscale più conveniente, avevano due possibilità:

  1. regime ordinario (eventualmente optando per la contabilità semplificata);
  2. regime forfetario (articolo 1, commi 54 e seguenti, della legge 190 del 23 dicembre 2014).

Si ricorda, infatti, che la Legge di stabilità 2015 aveva abrogato i regimi agevolati in vigore fino al 31.12.2014 (regime delle nuove iniziative, regime dei minimi – detto anche regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità, e regime contabile agevolato o detto anche ex minimi), sostituendoli con il nuovo regime forfetario (per saperne di più sul nuovo regime forfetario

L’unica eccezione era stata prevista per i soggetti che al 31.12.2014 si trovavano già nel regime dei minimi, essi potevano continuare in tale regime fino alla scadenza naturale. Molti infatti, avevano preferito aprire anticipatamente l’attività a fine 2014, anziché nel 2015, per poter fruire del regime dei minimi -nella maggior parte dei casi più conveniente rispetto a quello forfetario (a questo proposito

Successivamente il decreto Milleproroghe (articolo 10, comma 12-undecies, del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192), entrato in vigore il 1° marzo 2015, ha prorogato per tutto il 2015 il regime dei minimi. Di fatto quindi, coloro che si trovavano ad aprire un’attività dal 1° marzo 2015 fino al 31.12.2015, avevano la possibilità di scegliere tra tre regimi:

  1. regime ordinario (eventualmente optando per la contabilità semplificata);
  2. regime forfetario;
  3. regime dei minimi.

Chi ha iniziato l’attività tra il 1° gennaio 2015 ed il 28 febbraio 2015 ha potuto scegliere il proprio regime fiscale fra due alternative (regime ordinario o forfetario) anziché tre, come chi invece si è trovato ad aprire la partita Iva dal 1° marzo in poi, e senza sapere che si sarebbe riaperta la possibilità di accedere ai minimi.

L’interpello a cui ha risposto l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 67/E del 23.07.2015(scaricabile in calce a questo articolo) punta a risolvere proprio questa “incongruenza”.

Regime dei minimi: il nodo sciolto dall’Agenzia delle Entrate

Il caso proposto dal contribuente tramite interpello riguarda un soggetto con partita Iva che ha aperto l’attività a inizio 2015, scegliendo il regime ordinario in quanto non aveva i requisiti per accedere al regime forfetario.

Una volta che si è riaperta, grazie al Milleproroghe, la possibilità di accedere al regime dei minimi, e constatato il possesso dei requisiti, il contribuente si chiede se sia possibile accedervi ed eventualmente quali comportamenti adottare.

L’Agenzia delle Entrate dà un parere favorevole spiegando che:

  • l’opzione per il regime dei minimi che non è stato possibile effettuare con il modello di inizio attività modello A/7 (in quanto al momento dell’apertura dell’inizio attività il regime era abrogato)potrà essere disposta con la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2015 (UNICO 2016), allegando il modello relativo alle opzioni predisposto per la dichiarazione Iva;
  • entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della Risoluzione (quindi entro il 22 agosto) o eventualmente entro la liquidazione Iva successiva, se la stessa cade dopo tale termine, il contribuente può apportare le rettifiche degli eventuali documenti emessi con Iva (nota di variazione per le operazioni attive e variazioni in aumento dell’Iva sugli acquisti detratti).
Fonte : Fisco & Tasse

Proroga versamenti Unico 2015: slitta tutto al 6 luglio

uomo_affari_ritardo_168x126La proroga dei versamenti di Unico 2015 c’è anche quest’anno: si slitta al 6 luglio. La proroga vale anche per i contribuenti minimi e i nuovi forfetari.

Con il comunicato stampa n. 121 del 9 giugno 2015, il Mef ha anticipato il contenuto di un Dpcm, in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con cui sono prorogati i termini di versamento delle imposte derivanti da Unico e Irap 2015 per i contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore. Rientrano nella proroga anche i contribuenti minimi e i nuovi forfetari.

Il provvedimento di proroga era pronto da giorni ma si attendeva un chiarimento da parte dell’amministrazione finanziaria sulla possibilità o meno di prevedere una proroga anche per il modello 730. Al momento non c’è ancora nulla di ufficiale al riguardo, ma è possibile che un prossimo provvedimento faccia slittare anche la scadenza del mod. 730/2015, per ora fissata al 7 luglio 2015.

Proroga versamenti Unico 2015: soggetti beneficiari

La proroga riguarda i soggetti interessati dagli studi di settore, ossia:
  • le persone fisiche (imprenditori e lavoratori autonomi) che esercitano un’attività d’impresa/lavoro autonomo per la quale è stato elaborato il relativo studio di settore;
  • le persone fisiche che adottano il regime dei minimi (aliquota 5%) e il nuovo regime forfetario (aliquota 15%). A chiarirlo è stato il Mef con il comunicato stampa del 9.6.2015;
  • i soggetti diversi dalle persone fisiche (ad esempio, sas, snc, srl, spa) a condizione che:
    • esercitino un’attività per la quale è stato elaborato lo studio di settore e non siano esclusi dall’applicazione dello studio a causa di ricavi/ compensi superiori a € 5.164.569;
    • siano tenuti, in base al termine ordinario, ad effettuare il versamento delle imposte derivanti dal mod. UNICO/IRAP 2015, entro il 16.6.2015. Ciò comporta che non possono fruire della proroga, ad esempio, le società che sono “naturalmente” tenute ad effettuare i versamenti entro il 16.7 (20.8 con la maggiorazione dello 0,40%) in quanto approvano il bilancio nel mese di giugno, usufruendo del maggiore termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Rientrano nella proroga anche i soggetti per i quali operano cause di esclusione o di inapplicabilità dagli studi di settore.
La proroga riguarda anche i soci di società di persone e di società di capitali in regime di trasparenza.

Secondo la stampa specializzata la platea di soggetti interessati si aggira attorno ai 4 milioni di contribuenti.

Proroga versamenti Unico 2015: soggetti esclusi

Non possono invece beneficiare della proroga, e pertanto devono rispettare la scadenza del 16.6.2015 (16.7.2015 con la maggiorazione dello 0,40%) i soggetti non interessati dagli studi di settore, quali:
  • le persone fisiche che non esercitano attività d’impresa o di lavoro autonomo, neppure tramite partecipazione a società o associazioni “trasparenti”;
  • i soggetti tenuti all’applicazione dei parametri;
  • gli imprenditori agricoli titolari esclusivamente di reddito agrario;
  • i soggetti che hanno conseguito ricavi / compensi di ammontare superiore a € 5.164.569;
  • i contribuenti che svolgono attività d’impresa o di lavoro autonomo per le quali non sono stati elaborati gli studi di settore.

Proroga versamenti Unico 2015: le scadenze che slittano

La proroga riguarda tutti i versamenti risultanti dal mod. UNICO (anche in forma unificata) /IRAP 2015 il cui termine di versamento “ordinario” è fissato al 16.6.2015.
Pertanto, oltre al saldo 2014 e all’acconto 2015 di IRPEF, IRES e IRAP si ritengono differiti anche i versamenti relativi a:
  • addizionali IRPEF;
  • saldo IVA per i soggetti che presentano la dichiarazione in forma unificata;
  • contributi previdenziali (IVS, Gestione separata INPS, contributi CIPAG);
  • imposta sostitutiva regime nuove iniziative e minimi;
  • cedolare secca sugli affitti,
  • acconto del 20% per i redditi a tassazione separata,
  • IVIE/IVAFE per immobili/attività detenuti all’estero dovute dalle persone fisiche che usufruiscono della proroga;
  • diritto CCIAA 2015, dovuto “dai contribuenti soggetti agli studi di settore, ivi compresi i soggetti REA eventualmente rientranti in tale fattispecie, nonché dalle imprese individuali”, come ribadito dal Ministero dello Sviluppo economico nella Circolare 30.5.2011, n. 103161.

Proroga versameni Unico 2015: le nuove scadenze

I termini di versamento delle imposte slittano:
  • a lunedì 6.7.2015 (anziché 16.6.2015), senza alcuna maggiorazione;
  • a giovedì 20.08.2015 (anziché 16.7.2015) con la maggiorazione dello 0,40%.
Tipo di contribuente
Versamento di imposte
Scadenze originali
Scadenze “prorogate”
Ordinaria
+ 0,4%
Contribuenti per i quali sono previsti gli studi di settore
derivanti dalla dichiarazione dei redditi, dichiarazione Irap e dichiarazione unificata annuale
16.06.2015
6.7.2015
20.08.2015
16.07.2015(+0,4%)

Società di comodo: inizia il periodo caldo degli interpelli

downloadSuperata la fase critica delle assemblee e del deposito dei bilanci, è tempo per i commercialisti di dedicarsi alla disciplina delle società di comodo

Come è noto, si presumono società di comodo quelle che non superano il c.d. test di operatività (che consiste in un raffronto su base triennale tra i ricavi conseguiti ed i ricavi presunti sulla base dei beni posseduti), ovvero risultano in perdita fiscale per cinque esercizi consecutivi (oppure per quattro esercizi, essendo il quinto in utile per un ammontare inferiore a quello derivante dall’applicazione del comma 3 dell’articolo 30 della legge 724/1994).

L’Interpello come strumento di difesa principale per il soggetto presunto di comodo

La presunzione dello status di società di comodo è un problema di non poco conto, perché fa scattare ulteriori presunzioni, relative al reddito conseguito ed al valore della produzione ai fini Irap, nonché penalizzazioni nell’utilizzo delle perdite fiscali pregresse e del credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale; per i soggetti Ires è previsto, inoltre, un aumento di 10,5 punti percentuali dell’aliquota d’imposta.

In altre parole, si rischia di dover pagare imposte salate per redditi mai prodotti, e di perdere un credito Iva che si riteneva legittimamente acquisito.

Lo strumento principale a disposizione del soggetto presunto di comodo per la sua difesa è l’interpello, da presentare secondo le disposizioni dell’articolo 37-bis, comma 8, del D.P.R. 600/1973 e del decreto ministeriale 19 giugno 1998 , n. 259.

Si tratta dell’interpello c.d. disapplicativo, che serve a dimostrare all’Agenzia delle entrate che gli effetti di una certa norma antielusiva non si producono, e quindi la norma non deve essere applicata.

Nonostante non si ravvisi carattere antielusivo nella disciplina delle società di comodo, la norma impone di seguire la procedura indicata, che prevede istanza indirizzata al direttore regionale dell’Agenzia delle entrate, ma consegnata all’ufficio locale, ed obbligo di risposta entro 90 giorni.

L’Agenzia delle entrate ritiene che l’interpello disapplicativo abbia carattere preventivo, e quindi che la relativa istanza debba essere presentata in tempo utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi, nella quale la disciplina delle società di comodo trova applicazione: questo comporta che il termine ultimo per la presentazione è il 2 luglio 2015(essendo la scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi fissata al 30 settembre).

È quindi già tempo di esaminare le situazioni delle presunte società di comodo e decidere se presentare l’interpello, e con quali motivazioni. Ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 30 della legge 724/1994, l’interpello deve indicare le “oggettive situazioni” che hanno impedito di superare il test di operatività, di conseguire il reddito minimo presunto o di effettuare le operazioni rilevanti ai fini Iva nella misura minima per non far scattare le penalizzazioni previste.

Qualunque sia la strada intrapresa, è questo il momento di affrontare il problema e di prendere le decisioni, per avere il tempo necessario per predisporre l’istanza di interpello o concordare, tra cliente e professionista di riferimento, la strategia da seguire.

Si deve ritenere, comunque, che la prova contraria alla presunzione che una società sia di comodo possa essere fornita (quanto meno in sede di contenzioso) con ogni mezzo, e non solo con riferimento alle “oggettive situazioni” previste dalla norma relativa all’interpello.

Fonte : Fisco e Tasse

IMU Agricola le risposte del MEF

IMU-agricola-decreto-irpefLe risposte del MEF alle domande più frequenti sull’Imu per i terreni agricoli, dalla detrazione, alla dichiarazione e versamento; Faq del 28.05.2015

Pubblicate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze le risposte ad alcune domande frequentemente poste all’amministrazione finanziaria da contribuenti, operatori professionali, associazioni di categoria e dai soggetti che realizzano i software per il calcolo dei tributi, in merito all’applicazione dell’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli ai sensi del D. L. n. 4 del 2015.

FAQ-IMU-agricola-28052015

Agevolazione prima casa anche in caso di riacquisto a titolo gratuito

vendita-riacquisto-prima-casaPermane l’agevolazione prima casa in caso di vendita infraquinquennale e riacquisto di altro immobile entro l’anno, anche se effettuato a titolo gratuito; Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate dell’11.05.2015 n. 49 

Secondo la regola generale il trasferimento dell’immobile acquistato usufruendo dell’agevolazione c.d. “prima casa”, prima del decorso di cinque anni dalla data dell’atto, comporta la decadenza dal regime di favore fruito, tuttavia la perdita del beneficio non opera qualora il contribuente, entro un anno dall’alienazione effettuata prima del decorso del quinquennio, proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire a propria abitazione principale, anche quando il riacquisto è a titolo gratuito, sempre entro un anno dall’alienazione, e quindi idoneo ad evitare la decadenza dal beneficio, alla luce dei principi affermati più volte di recente dalla giurisprudenza di legittimità, questo quanto precisato dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate dell’ 11 maggio 2015 n. 49/E.   Devono considerarsi quindi superate le indicazioni fornite con i documenti di prassi indicati nella Risoluzione in questione.

Resta fermo l’ulteriore requisito dell’utilizzo del nuovo immobile come dimora abituale del contribuente come chiarito da ultimo con circolare n. 31/E del 7 giugno 20102 e confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza 10 aprile 2015, n. 73383.

Risoluzione Agenzia Entrate

Fonte : Fisco e Tasse

Rinegoziazione mutui verso una nuova proroga: decreto il 5 giugno e scadenza il 12

imagesSi profila un nuovo ritocco al calendario della rinegoziazione dei mutui, che potrebbe dar tempo agli enti locali di inviare le delibere fino al 12 giugno e al Governo di varare il decreto enti locali ora in programma per venerdì prossimo, 5 giugno, dopo l’ennesimo rinvio.

La proroga
La decisione di Cassa depositi e prestiti si dovrebbe conoscere già oggi, e confermerebbe l’apertura della Cassa già manifestata la scorsa settimana con la prima proroga, risolvendo i problemi aperti dal nuovo rinvio del decreto come segnalato sul  Quotidiano delfi enti locali e della Pa: in questo modo ci sarebbe una settimana piena di tempo per convocare i consigli comunali e provinciali con copertura normativa piena, e inviare il tutto alla Cdp per la rinegoziazione. Un dato è certo: se il nuovo calendario sarà confermato, non ci sarà spazio per altri rinvii, perché in gioco ci sono le rate in scadenza il 30 giugno. Per il decreto in cantiere da settimane, dunque, venerdì prossimo è l’ultima data utile, perché un’approvazione ulteriormente rimandata mancherebbe il segno.

Il nodo
Il problema riguarda le migliaia di amministrazioni locali che ancora non hanno approvato il bilancio preventivo, e che quindi con le regole ordinarie non potrebbero bussare alla Cassa depositi e prestiti per rivedere i piani di ammortamento. Le bozze di decreto, di conseguenza, prevedono una norma che consente la rinegoziazione anche a chi è in esercizio provvisorio, ovviamente con l’obbligo «di effettuare le relative iscrizioni nel bilancio di previsione» quando sarà approvato. Una prima spinta in questo senso era stata data nei giorni scorsi dalla circolare delgi affari regionali in cui il sottosegretario Gianclaudio Bressa invitava gli enti «a predisporre fin da subito gli atti necessari di giunta e consiglio» in vista dell’approvazione del decreto. Senza copertura normativa, però, il passaggio in consiglio rimane problematico, e di qui l’esigenza di un nuovo rinvio.

I tagli alle Città e alle Province
Ieri, intanto, è diventata ufficiale la nuova ripartizione dei tagli da un miliardo fra le Province e le Città metropolitane, che dopo l’accordo raggiunto nella Conferenza Stato-Città del 7 maggio alleggerisce un po’ le richieste per Napoli, Roma e Firenze rispalmando una quota di manovra sulle altre Città.  Le nuove tabelle sono state pubblicate dal Viminale ma è possibile che anche il decreto enti locali se ne occupi con una norma che riprenda i dati diffusi ieri dal ministero. Il passare dei giorni, infine, ha fatto invecchiare parecchio anche l’anticipazione da 1,2 miliardi chiamata a sostenere le casse dei Comuni prima dell’arrivo degli incassi Imu e Tasi. Nel decreto, comunque, ci sarebbe anche la soluzione strutturale dei problemi di cassa che caratterizzano la prima parte dell’anno, con la previsione di assicurare l’anticipo sulle risorse di Imu e Tasi entro il 31 marzo di ogni anno.

Fonte : Il Sole 24 Ore